Proprietà Intellettuale, Diritto di Autore, Trasmissione dei Diritti di Utilizzazione, Concorrenza Sleale, Corte di Cassazione, I Sez. Civ., Sentenza n. 8433 del 30/04/2020

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Proprietà Intellettuale, Diritto di Autore, Trasmissione dei Diritti di Utilizzazione, Concorrenza Sleale, Corte di Cassazione, I Sez. Civ., Sentenza n. 8433 del 30/04/2020

Art.110 Legge del Diritto D’autore n. 633 del 1941 _ Trasmissione dei Diritti di Utilizzazione

Art. 2598 del Codice Civile _ Atti di Concorrenza Sleale

Passim

  • Diritti di Utilizzazione economica dell’opera

 

  • Questa Corte ha, di recente, affermato il principio secondo cui l’articolo 110 non è applicabile quando il committente abbia acquistato i diritti di utilizzazione economica dell’opera per effetto ed in esecuzione di un contratto di prestazione d’opera intellettuale concluso con l’autore (Cass. 24 giugno 2016, n. 13171; conf. in materia di appalto relativo ad un format, Cass. 18633/2017): e ciò perché, in tal caso, non ha luogo un trasferimento per manifestazione di volontà delle parti contraenti, dal momento che tali diritti sorgono direttamente in capo al committente, quale effetto naturale del rapporto di lavoro autonomo o del contratto di opera professionale, salvo patto contrario.

  • Peraltro, l’art.110 I.a., in ordine alla necessità di prova scritta della trasmissione dei diritti di utilizzazione, non opera nelle azioni promosse dal titolare del diritto autorale contro i terzi che abbiano utilizzato illecitamente l’opera [cfr. Cass. 3390/2003: «l’art. 110 della legge del diritto d’autore (legge 22 aprile 1941, n. 633), nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto, si riferisce all’ipotesi in cui il trasferimento viene invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto; essa non opera al di fuori del conflitto tra titoli, ovvero tra pretesi titolari del medesimo diritto di sfruttamento, allorché il trasferimento sia invocato dal cessionario del diritto di utilizzazione nei confronti del terzo che, senza vantare una posizione titolata, abbia violato tale diritto, compiendo atti di sfruttamento del medesimo bene, in tal caso l’acquisto potendo, quale semplice fatto storico, essere provato anche mediante mezzi diversi dal documento»].

  • Invero, l’opera dell’ingegno è protetta dall’ordinamento purché presenti un qualche elemento od una qualche combinazione che sia originale, frutto della creatività, ancorché minima del suo autore (Cass. 908/1995), così da potersi identificare, pur inserendosi in un genere assai diffuso, per essere un prodotto singolare dell’autore e da poter essere individuata tra le altre analoghe (Cass. 7077/1990).

  • Ciò che è tutelato è l’opera dell’ingegno in quanto estrinsecata in una determinata forma e non l’idea in sé e per sé, anche se originale, in quanto l’idea una volta che si sia espressa in una determinata forma diviene, nel suo contenuto intellettuale, di pubblico dominio: da quel momento, tutti possono utilizzarla col solo limite di non riprodurre la stessa forma artistica in cui si è concretizzata ed occorre pertanto che l’idea creativa, in sé non tutelabile, venga «rappresentata» all’esterno e si consolidi in un’espressione nuova, compiuta (e quindi non allo stato grezzo) ed originale che rappresenti «un autonomo e specifico risultato creativo», «un’autonoma e definitiva creazione intellettuale», non abbisognevole di aggiustamenti e trattamenti ulteriori (Cass.5301/1999).

  • Nella motivazione del precedente di questa Corte n. 11953/1993, si è evidenziato come, nella relazione che accompagnava il progetto della legge d’autore, si sottolineasse l’esigenza che «l’opera abbia un merito, sia pure modesto, perché altrimenti non avrebbe il valore creativo che giustifica la protezione e che dà all’opera la necessaria originalità», cosicché «il carattere di creatività coincide, in sostanza, con quello di originalità rispetto ad opere precedenti e non può essere, quindi, escluso sol perché l’opera sia composta da idee e nozioni “semplici”, comprese nel patrimonio intellettuale di persone “aventi esperienza nella materia”», tanto più in quanto oggetto della protezione del diritto di autore non è l’idea o il contenuto intrinseco dell’opera, ma la rappresentazione formale ed originale in cui essa si realizza, ai fini della comunicazione ai terzi (cfr. anche Cass. 5089/2004; Cass. 15496/2004; Cass. 25173/2011; Cass. 13524/2014; Cass. 14635/2018).

     
  • Corte di Giustizia UE

  • 2014

  • La Corte di Giustizia del resto ha, di recente, ammesso, in sede di pronuncia pregiudiziale, ai sensi dell’art.267 TFUE, che un allestimento di uno spazio di vendita possa, in linea di principio fungere da marchio (10/7/2014, causa C-421/2013, Apple)„ purché esso sia provvisto di una capacità distintiva, sia quindi atto a distinguere i prodotti ed i servizi dell’autore della domanda di registrazione da quelli di altre imprese, e «si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore economico interessati».

  • 2019

  • In altra recente sentenza della Corte di Giustizia del 12/9/2019, Causa C-683/17 (richiamata anche nelle memorie delle parti), la Corte UE, investita proprio della questione della cumulabilità della protezione offerta dalla normativa specifica sui disegni e modelli registrati con quella offerta dal diritto d’autore, in relazione a capi di abbigliamento, ha statuito che «l’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, va interpretato nel senso che osta al conferimento, da parte di una normativa nazionale, di tutela ai sensi del diritto d’autore a modelli come i modelli di capi di abbigliamento oggetto del procedimento principale in base al rilievo secondo il quale, al di là del loro fine utilitario, essi producono un effetto visivo loro proprio e rilevante da un punto di vista estetico».

  • La Corte ha evidenziato che un’opera autorale è tale ove ricorra un «oggetto originale», per il quale, da un lato, è necessario e sufficiente che esso rifletta la personalità del suo autore, manifestando le scelte libere e creative di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2011, Painer, C-145/10, EU:C:2011:798, punti 88, 89 e 94, nonché del 7 agosto 2018, Renckhoff, C-161/17, EU:C:2018:634, punto 14), e che la sua realizzazione non sia stata frutto di considerazioni di carattere tecnico, di regole o altri vincoli che non lasciano margine per la libertà creativa, e, dall’altro lato, che vi sia un oggetto – opera – identificabile con sufficiente precisione e oggettività (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2018, Levola Hengelo, C-310/17, EU:C:2018:899, punto 40).

  • In presenza di questi due elementi, il legislatore dell’Unione ha optato per un sistema secondo il quale la protezione riservata ai disegni e modelli e quella assicurata dal diritto d’autore non si escludono a vicenda ma possono cumularsi.

  • Al par. 50, è stato precisato che «la tutela dei disegni e modelli, da una parte, e la tutela garantita dal diritto d’autore, dall’altra, perseguono obiettivi fondamentalmente diversi e sono assoggettate a regimi distinti», in quanto:

  • a) la tutela dei disegni e modelli è intesa a proteggere «oggetti che, pur essendo nuovi e individualizzati, presentano un carattere di utilità e sono intesi alla produzione di massa» e detta tutela deve essere applicata per una durata limitata ma sufficiente per consentire di capitalizzare gli investimenti necessari alla creazione e alla produzione di tali oggetti, senza peraltro ostacolare eccessivamente la concorrenza;

  • b) la protezione connessa al diritto d’autore, la cui durata è significativamente superiore, è riservata agli oggetti che meritano di essere qualificati come opere.

  • La Corte UE ha dunque ribadito che l’esigenza di originalità richiesta per la tutela autorale come opera dell’ingegno, vale a dire la sussistenza di una forma espressiva definita e creativa, che riflette la libertà di scelta e la personalità del suo autore, non implica che essa produca un effetto visivo rilevante dal punto di vista estetico, al pari della tutela come modello o disegno.

  • Sentenza in esame.

  • Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto:«in tema di diritto d’autore, un progetto o un’opera di arredamento di interni, nel quale ricorra una progettazione unitaria, con l’adozione di uno schema in sé definito e visivamente apprezzabile, che riveli una chiara “chiave stilistica”, di componenti organizzate e coordinate per rendere l’ambiente funzionale ed armonico, ovvero l’impronta personale dell’autore, è proteggibile quale opera dell’architettura, ai sensi dell’art.5 n. 2 La. («i disegni e le opere dell’architettura»), non rilevando il requisito dell’inscindibile incorporazione degli elementi di arredo con l’immobile o il fatto che gli elementi singoli di arredo che lo costituiscano siano o meno semplici ovvero comuni e già utilizzati nel settore dell’arredamento di interni, purché si tratti di un risultato di combinazione originale, non imposto dalla volontà di dare soluzione ad un problema tecnico-funzionale da parte dell’autore ».

  • Vero che la forma espressiva meritevole di tutela autorale deve essere frutto di un atto di creazione intellettuale, non necessitato o banale, costituendo il carattere creativo e la novità oggettiva dell’opera elementi costitutivi del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno (Cass. 24594/2005; Cass. 25173/2011).

  • Concorrenza Sleale

  • La giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 5852/1984; Cass.n. 9387/1994) ha precisato che:

  • 1) la figura della c.d. concorrenza parassitaria consiste in un comportamento il quale si realizza, di norma, in una pluralità di atti che, presi nel loro insieme costituiscono un illecito, in quanto rappresentano la continua e ripetuta imitazione delle iniziative del concorrente e, quindi, lo sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui;

  • 2) può considerarsi parassitaria anche un’attività che, in un unico momento, imiti «tutte» le iniziative prese dal concorrente;

  • 3) non è necessaria la ripetitività nel tempo di più atti imitativi, in quanto la sistematicità e continuità possono anche essere simultanee ed esprimersi nei caratteri quantitativi dell’imitazione, nel senso esattamente che «la creatività, la quale è il valore fondamentale che con il riconoscimento della concorrenza parassitaria come forma di concorrenza sleale si è voluto esaltare e proteggere, è parimenti vulnerata sia nel caso di una diluizione nel tempo di più atti ripetitivi, sia nella simultaneità di una loro manifestazione esteriore globale» [Cass. n. 13243/2004, precedente richiamato dalla ricorrente, ove si è anche osservato che «tuttavia la creatività è tutelata nel nostro ordinamento solo per un tempo determinato, fino a quando, cioè, può considerarsi originale … nel senso esattamente che, quando l’originalità si sia esaurita, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o di commerciare sia divenuto patrimonio ormai comune di conoscenze e di esperienze di tutti quanti operano nel settore, essendosi così ammortizzato, da parte del primitivo imprenditore, il capitale impiegato nello sforzo creativo, imitare quell’ attività che, originale al suo nascere e nel suo formarsi, si è poi generalizzata e spersonalizzata, non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda»,

  • cosicché, in entrambe le forme della concorrenza parassitaria, sia in quella che si può chiamare «diacronica», in quanto si estrinseca in una pluralità di atti che si succedono nel tempo, diretti tutti ad una continua e ripetuta imitazione delle iniziative del concorrente,

  • sia nell’altra, che può invece definirsi «sincronica», dove lo sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui viene conseguito attraverso una pluralità di atti o un comportamento globale posti in essere contemporaneamente,

  • l’imitazione può considerarsi illecita soltanto se effettuata a «breve distanza di tempo» da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), là dove per «breve» deve intendersi quell’arco di tempo per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari (di incassi, di pubblicità, di avviamento) dal lancio della novità,

  • ovvero fino a quando essa è considerata tale dal pubblico dei clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto; conf. Cass. 25607/2018].

  • In particolare, da ultimo, si è ribadito che «la concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, mediante comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale;

  • essa si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici di cui ai precedenti nn. 1 e 2 della medesima disposizione, sicché, ove si sia correttamente escluso nell’elemento dell’imitazione servile dei prodotti altrui il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente alla sola fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n. 1 dello stesso art. 2598 c.c.), debbono essere indicate le attività del concorrente sistematicamente e durevolmente plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca, contrari alle regole della correttezza professionale» (Cass. 25607/2018; Cass. 22118/2015).

  • Danno in re ipsa

  • E’ consolidato il principio espresso da questo giudice di legittimità per cui, in tema di diritto d’autore, la violazione di un diritto d’esclusiva che spetta all’autore ai sensi dell’art. 12 della I. n. 633 del 1941 costituisce danno “in re ipsa”, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, senza che incomba al danneggiato altra prova che non quella della sua estensione (Cass 12954/2016; Cass. 8730/2011; Cass. 14060/2015; Cass.3672/2001).

  • In tema di liquidazione equitativa del danno, al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, è necessario che il giudice indichi, almeno sommariamente e nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al “quantum” (Cass. 2327/2018).

 

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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