Proprietà industriale ed intellettuale, Corte di Cassazione, I Sez. civ., sent. n. 763 del 15/01/2018

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Proprietà industriale ed intellettuale, Corte di Cassazione, I Sez. civ., sent. n. 763 del 15/01/2018

Linee essenziali delle argomentazioni della Suprema Corte di Cassazione

ORDINANZA avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, n. 1108/13 depositata il 18 marzo 2013.

sul ricorso iscritto al n. 18332/2013 R.G. proposto da …… S.P.A., in persona del presidente p.t. …., e …… S.P.A., rappresentata da….., rappresentate e difese da…

– ricorrenti –

contro……… S.R.L., in persona dell’amministratore unico p.t…

– controricorrente –

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 luglio 2017 dal Consigliere….

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 1 dicembre 2002, l’…..Italy S.p.a. e l’…..S.p.a. convennero in giudizio la ….S.r.l., per sentir accertare che la vendita, la distribuzione e la pubblicizzazione dei motori….. e dei generatori…… costituivano atti di concorrenza sleale, con ordine di cessazione dell’attività illecita e condanna della convenuta al risarcimento dei danni.

Si costituì la… e resistette alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale la revoca dell’ordinanza emessa il 16 novembre 2002, con cui era stata disposta la cessazione della commercializzazione dei prodotti indicati dalle attrici, e la condanna di queste ultime al risarcimento dei danni.

1.1. Con sentenza del 2 luglio 2011, il Tribunale di Campobasso rigettò la domanda principale e dichiarò inammissibile quella riconvenzionale.

2. L’impugnazione proposta dall’……..dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, è stata dichiarata inammissibile con sentenza del 18 marzo 2013.

A fondamento della decisione, la Corte ha rilevato che, in quanto riguardante una sentenza pronunciata dal Tribunale di Campobasso in un giudizio iscritto a ruolo nel mese di dicembre 2002, l’appello non era assoggettato alla disciplina dettata dal d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, ed avrebbe pertanto dovuto essere proposto dinanzi alla Corte d’appello di Campobasso.

3. Avverso la predetta sentenza l’…..hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. La…. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti denunciano la violazione o la falsa applicazione dell’art. 245 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, come modificato dall’art. 19 della legge 23 luglio 2009, n. 99, sostenendo che, nell’escludere la propria competenza, la Corte distrettuale non ha considerato che l’appello, proposto successivamente all’entrata in vigore del codice della proprietà industriale, aveva ad oggetto una sentenza emessa nell’ambito di un giudizio instaurato prima dell’istituzione delle Sezioni specializzate, e nel quale non era intervenuta alcuna pronuncia sulla competenza.

Premesso inoltre che la causa aveva ad oggetto il compimento di atti di concorrenza sleale interferenti con il loro diritto sul marchio “…..”, affermano l’irrilevanza dell’istituzione della Sezione specializzata in materia di impresa della Corte d’appello di Campobasso, in quanto successiva alla proposizione dell’appello.

2. Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione o la falsa applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., osservando che la motivazione della sentenza impugnata non consente di ricostruire l’iter logico-giuridico in base al quale la Corte distrettuale è pervenuta alla dichiarazione d’inammissibilità dell’appello.

3. Il ricorso è inammissibile.

Nel dichiarare inammissibile l’appello, in quanto proposto dinanzi ad un giudice diverso da quello funzionalmente competente, la sentenza impugnata ha richiamato un orientamento della giurisprudenza di legittimità, piuttosto diffuso fino ad epoca assai recente, che escludeva, nella predetta ipotesi, l’operatività sia della disciplina dettata dall’art. 38 cod. proc. civ. in tema di rilevazione dell’incompetenza che di quella dettata dall’art. 50 cod. proc. civ., sulla c.d. translatio iudicii.

Secondo tale indirizzo, nel nostro ordinamento processuale l’individuazione dell’ufficio giudiziario legittimato ad essere investito dell’impugnazione non dà luogo ad una questione di competenza, nel senso previsto dal capo I del titolo I del libro I del codice di procedura civile, in quanto, se è vero che in linea di massima la disciplina della individuazione del giudice dell’impugnazione risponde, sul piano funzionale, ad uno scopo simile a quello assolto dalla disciplina dell’individuazione del giudice competente in primo grado, l’una e l’altra afferendo a regole che stabiliscono dinanzi a quale giudice debba svolgersi un determinato tipo di processo civile, in ragione del grado, è anche vero, però, che fra i due fenomeni non è riscontrabile un’identità di ratio, tale da giustificare l’estensione in via analogica, anche parziale, alla prima di aspetti applicativi relativi alla seconda.

In virtù di tale affermazione, era stata esclusa l’applicabilità delle predette disposizioni:

a) sia nel caso in cui, come nella specie, l’impugnazione fosse stata proposta avanti ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge,

b) sia nel caso in cui, pur rispettata la regola territoriale, l’impugnazione fosse stata proposta avanti ad un giudice di tipo diverso da quello individuato dalla legge,

c) sia nel caso di impugnazione proposta avanti ad un giudice diverso da quello legittimato, ma appartenente alla stessa tipologia di ufficio giudiziario,

d) sia infine nel caso d’impugnazione proposta a giudice che nella ripartizione verticale della organizzazione del processo civile impugnazioni non fosse superiore a quello che aveva pronunciato la sentenza o addirittura fosse collocato in posizione inferiore (cfr. Cass., Sez. VI, 2/11/2015, n. 22321; Cass., Sez. I, 7/12/ 2011, n. 26375; Cass., Sez. III, 10/02/2005, n. 2709).

Al predetto orientamento se ne contrapponeva tuttavia un altro, secondo cui l’appello proposto davanti ad un giudice territorialmente incompetente non configurava un’ipotesi di inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 358 cod. proc. civ., ma valeva ad instaurare un valido rapporto processuale suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente, essendo possibile, attraverso il meccanismo della riassunzione, trasferire e proseguire il rapporto processuale originario davanti all’organo dichiarato competente (Cass., Sez. VI, 9/06/2015, n. 11969; Cass., Sez. III, 22/08/2007, n. 17847; Cass., Sez. lav., 2/07/2004, n. 12155).

Chiamate a dirimere il contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite di questa Corte, con una recente pronuncia, hanno aderito a quest’ultimo indirizzo, enunciando il principio di diritto secondo cui l’appello proposto dinanzi ad un giudice diverso da quello indicato dall’art. 341 cod. proc. civ. non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi ad un giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge, sia nell’ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice di grado diverso rispetto a quello dinanzi al quale avrebbe dovuto essere proposto il gravame.

Premesso infatti che la norma che detta i criteri per l’individuazione del giudice legittimato a decidere sull’appello prevede una competenza sui generis, cui appare confacente la qualifica di competenza funzionale, si è osservato che il vizio derivante dall’individuazione di un giudice d’appello diverso da quello determinato ai sensi dell’art. 341 cod. proc. civ. non rientra tra i casi per i quali è espressamente prevista la sanzione dell’inammissibilità del gravame, né tra quelli in cui non è configurabile il potere d’impugnazione, in quanto non incide sull’esistenza del potere di impugnazione, ma solo sul suo legittimo esercizio, con la conseguenza che non può escludersi l’applicabilità della disciplina della competenza, la quale, oltre ad essere collocata tra le disposizioni generali dettate dal titolo I del libro I del codice di rito, non opera alcuna distinzione tra primo e secondo grado.

Si è aggiunto che l’applicabilità del principio della translatio iudicii, in caso tanto d’incompetenza per territorio che in caso d’incompetenza per grado del giudice d’appello, risulta conforme al principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost., il quale include nel relativo diritto anche quello ad ottenere una decisione di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 14/09/2016, n. 18121).

Per effetto di tale pronuncia, non può dunque trovare ulteriormente applicazione il principio, richiamato dalla sentenza impugnata, secondo cui l’erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull’impugnazione non si pone come questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dall’art. 341 cod. proc. civ. Il richiamo integrale alla disciplina dettata dal capi I del titolo I del libro I del codice di rito, derivante dalla qualificazione della predetta legittimazione come competenza funzionale, comporta peraltro, oltre alla ritenuta possibilità della translatio iudicii, anche l’applicabilità del principio, stabilito dall’art. 42 cod. proc. civ., secondo cui il provvedimento che abbia pronunciato esclusivamente sulla competenza, senza decidere il merito della causa, può essere impugnato soltanto con il regolamento di competenza.

La fattispecie in esame non presenta d’altronde significative differenze rispetto all’ipotesi, pacificamente assoggettata alla disciplina dettata dall’art. 42 cit., in cui il giudizio d’appello, avente ad oggetto l’impugnazione di una sentenza di primo grado che abbia statuito anche sul merito, sia stato definito con una sentenza che abbia risolto in via esclusiva una questione di competenza (cfr. Cass., Sez. I, 9/10/2015, n. 20304; Cass., Sez. III, 21/05/2010, n. 12455; 5/03/2009, n. 5391); nessun rilievo può assumere, a tal fine, la circostanza che nella specie il giudizio sia stato definito con sentenza, anziché con ordinanza, dal momento che l’applicazione dell’art. 42 è condizionata non già dalla forma, ma dalla sostanza del provvedimento, il cui contenuto, in quanto consistente nella mera risoluzione della questione pregiudiziale concernente l’individuazione del giudice legit- timato a decidere, giustifica il ricorso a modalità semplificate ed accelerate per l’impugnazione della decisione.

L’impugnabilità della sentenza d’appello esclusivamente con il regolamento di competenza, precludendo la proposizione del ricorso per cassazione, comporta nella specie l’inammissibilità dell’impugnazione, non risultando possibile la conversione del ricorso ordinario in istanza di regolamento di competenza, in difetto della prova, posta a carico della ricorrente, dell’avvenuta notificazione del ricorso nel termine di cui all’art. 47 cod. proc. civ., decorrente, in mancanza della notificazione della sentenza impugnata, dalla comunicazione della stessa da parte della cancelleria (cfr. Cass., Sez. VI, 7/ 05/2015, n. 9268; Cass., Sez. I, 11/09/2007, n. 19039; Cass., Sez. III, 20/ 03/2006, n. 6105).

4. La riconducibilità della decisione al mutamento intervenuto nella giurisprudenza di legittimità relativamente alla questione trattata giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.

 

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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