Società consortili spa, assemblea straordinaria, Introduzione durante societate di una clausola di ribaltamento perdite sui soci, Corte di Cassazione, I Sez. civ., sent. n. 2623 del 02/02/2018

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Società consortili spa, assemblea straordinaria, Introduzione durante societate di una clausola di ribaltamento perdite sui soci, Corte di Cassazione, I Sez. civ., sent. n. 2623 del 02/02/2018

Linee essenziali delle argomentazioni della Suprema Corte di Cassazione

Ha fatto seguito una delibera dell’assemblea ordinaria della detta società consortile, che in data 3 agosto 2005 ha approvato a maggioranza il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2004, con ribaltamento sui singoli consorziati delle perdite dell’esercizio, in proporzione delle quote da ciascuno possedute.

Per l’accertamento della nullità delle indicate delibere hanno promosso distinte azioni i consorziati Confindustria …. e Provincia ….. avanti al Tribunale di Palermo. Nello stesso torno di tempo, ….ha richiesto e ottenuto decreti ingiuntivi nei confronti dei consorti …, ……. e … per il pagamento delle somme poste a loro carico dalla detta assemblea di bilancio: opponendosi ai relativi decreti, anche questi consorziati hanno rilevato la nullità delle richiamate delibere assembleari.

Riunite le controversie, il Tribunale di Palermo ha accolto le domande di nullità delle delibere in discorso, con pronuncia del 23 marzo 2009, come poi corretta, su richiesta dei consorziati, da apposita ordinanza del 26 giugno 2006.

Nei confronti della detta pronuncia ha sporto appello ….

La Corte siciliana ha confermato per intero la sentenza impugnata, salvo solo portare a compiuto carico di … anche le spese relative al primo grado del giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- I motivi di ricorso, svolti da .., evocano i vizi che qui di seguito vengono richiamati. Il primo motivo (p. 12 del ricorso) assume «violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 1, n. 2 e 156, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., per avere ritenuto che l’omessa indicazione “……” nell’intestazione dell’atto, sia stato emendata dallo stesso Tribunale con ordinanza del 26 giugno 2009, emessa a conclusione del procedimento di correzione».

Il secondo motivo (p. 15) invoca, poi, «violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., commi 1 e 2, per assoluta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, formulata mediante rinvio ad altra ordinanza».

Il terzo motivo (p. 16) censura, a sua volta, «violazione e falsa applicazione degli artt. 2379 e 2434 bis cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere ritenuto che la pronuncia di invalidità della delibera assembleare “possa essere emessa con riferimento alle impugnazioni contenute negli atti di citazione in opposizione a d.i. proposte da ….., …. e …”, in applicazione dei generali principi di cui agli artt. 1421 e 1422 cod. civ.».

Il quarto motivo (p. 22) adduce, inoltre, «violazione e falsa applicazione degli artt. 2615 ter, 2603 e 2607 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. pro. civ. per avere ritenuto che l’introduzione dell’obbligo a carico dei soci di copertura delle perdite registrate nel corso degli esercizi finanziari debba essere introdotto con il consenso unanime dei soci». Il quinto motivo (p. 29) rileva, altresì, «violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 2423 cod. civ. – Vizio di motivazione con riferimento alla illegittimità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2004».

4.- Con il primo motivo di ricorso, … assume, in particolare, che l’omessa indicazione della…. nella intestazione della sentenza di primo grado, come pure l’omessa trascrizione della conclusioni formulate da questa parte, vengano a comportare non già un semplice vizio di irregolarità – come tale emendabile in via di correzione (secondo quanto in effetti avvenuto nella fattispecie in esame) – bensì un vero e proprio caso di nullità della sentenza.

5.- Il motivo non può essere accolto. Posto quanto rilevato dalla sentenza della Corte territoriale, infatti, si tratta di vizi «tutti di natura puramente formale … già emendati dallo stesso Tribunale». Secondo l’orientamento di questa Corte, d’altro canto, la nullità della sentenza «è determinata soltanto da un contrasto insanabile tra il dispositivo e la motivazione. Laddove, invece, sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la motivazione sia ancorata ad un elemento oggettivo che inequivocabilmente la sostenga, sì da potersi escludere una ipotesi di ripensamento del giudice, va esclusa l’insanabilità del contrasto, trattandosi, in tali casi, di mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l’esperimento del relativo procedimento di correzione, dall’altro, deve qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione» (cfr. così Cass., 18 maggio 2016, n. 10229; v. altresì, in specie, Cass. SS.UU., 12 febbraio 2013, n. 3265). 6.- Il secondo motivo di ricorso riprende il tema dell’avvenuta correzione della sentenza di primo grado, in via segnata assumendo che la motivazione portata al riguardo dalla pronuncia impugnata non può limitarsi a un «generico richiamo» dell’ordinanza di correzione, tanto più se indicativo unicamente della data di deposito del provvedimento.

7.- Anche questo motivo non può essere accolto. Lo stesso, in particolare, si manifesta inammissibile per erronea individuazione della tipologia di vizio, non risultando censurabile quello di insufficiente motivazione in relazione a una questione di diritto. D’altra parte, il motivo si manifesta pure infondato, posto che l’ordinanza correttiva non può essere considerata «documento extraprocessuale», come pretenderebbe il ricorrente. 8.- Il terzo motivo di ricorso muove dalla constatazione che «il giudizio di opposizione al D.I. n. 362/06 promosso da ….», quello «n. 304/06 promosso da…» e quello «n. 290/06 promosso da…..» …., sono «fondati sulla presunta invalidità» della delibera dell’assemblea straordinaria che ha introdotto una nuova versione dell’art. 35 dello statuto sociale e della delibera dell’assemblea ordinaria che ha approvato il bilancio. Posta tale premessa, il motivo assume che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere che l’invalidità delle delibere «ben poteva venire dedotta anche con gli atti di opposizione, non fosse altro in applicazione dei principi generali di cui agli artt. 1421 e 1422 cod. civ.». In realtà – puntualizza il ricorrente – «in materia di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la riscossione, da parte della società, dei crediti vantati verso i soci in base alla delibera di approvazione del bilancio, il socio opponente può fare valere esclusivamente questioni riguardanti l’efficacia della stessa e quindi attinenti alla sussistenza della stessa e/o alla documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione». 9.- Il motivo non può essere accolto. In proposito, va rilevato, prima di ogni altra cosa, che i consorziati……e ….. hanno fatto valere la nullità delle delibere in questione non già in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì con appositi atti di citazione assumendo l’illiceità dell’oggetto delle stesse (con separati atti, notificato l’uno in data 14/15 dicembre 2005, come indicato dal relativo controricorso a p. 3; l’altro in data 9 novembre 2005, secondo il rispettivo controricorso, p. 2). Il che manifesta l’inammissibilità della censura così proposta di ricorrente, per difetto di interesse.

A parte questo rilievo, per sé stesso assorbente, pure va riscontrato che non si scorgono ostacoli processuali alla rilevazione di un vizio di nullità negoziale in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. Del resto, nel caso in questione le opposizioni proposte hanno oggettivamente riguardato la mancata sussistenza del credito preteso da … nei confronti dei singoli consorziati, in quanto credito fondato su titolo assunto come nullo (tale essendo, nella prospettiva delineata dagli opponenti, la delibera di modifica statutaria dell’art. 35, che si pone come base fondante della richiesta di somme contenuta nella delibera di approvazione del bilancio di esercizio).

10.- Il quarto motivo di ricorso concerne il punto centrale della fattispecie sostanziale sottoposta all’esame di questa Corte. Ad avviso del ricorrente, per l’introduzione durante societate di una clausola di «copertura perdite da parte dei consorziati in proporzione delle quote possedute» non occorre il consenso di tutti i consorziati, come invece ritenuto dalla sentenza impugnata.

Secondo il ricorrente, risulta invece sufficiente, in proposito, la sussistenza della maggioranza dei consensi dei consorziati (non per teste, ma per quote). «Le società consortili» sono – così si ragiona – «società integralmente assoggettate alla disciplina del tipo sociale adottato»; nel caso di specie, il tipo sociale adottato è quello della s.p.a.; «nella società per azioni – e, quindi, anche nella società consortili – l’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non prevede una maggioranza più elevata».

11.- Il motivo non merita accoglimento. Non risulta infatti condivisibile il ragionamento del ricorrente, che si è appena riferito. Corretta appare, di contro, la soluzione fatta propria dalla sentenza della Corte palermitana. Questa, nel motivare il relativo assunto, è venuta a soffermarsi e a coinvolgere tanto la normativa specificamente dedicata alla materia dei consorzi, quanto la disciplina propria della società per azioni. Sotto il primo profilo, la sentenza ha rilevato, in particolare, che le norme degli artt. 2603 e 2607 cod. civ. sono da annoverare tra i «principi fondamentali» dell’istituto, da stimare «non derogabili» neppure nel caso in cui il consorzio assuma la «veste di una società per azioni», per tale proposito richiamandosi al precedente di Cass., 4 novembre 1982, n. 5787.

Sotto il secondo aspetto, essa ha in specie ravvisato la sussistenza di una «stretta analogia» tra la fattispecie in esame e «quella di cui all’art. 2345 cod. civ., divieto di modificare senza il consenso di tutti i soci gli obblighi di prestazioni accessorie non previsti dall’atto costitutivo». Il Collegio ritiene corretta l’impostazione di base che è stata adottata dalla Corte territoriale, pur stimando di dovere apportare allo svolgimento, che in concreto ne è stato fatto, talune precisazioni e chiarimenti. Come segue in appresso.

12.- E’ tradizionale orientamento di questa Corte l’assunzione di una prospettiva che tenda a conciliare – a mediare, per così dire – tra la causa mutualistica, che si assume propria del consorzio e delle società consortile in genere, e la struttura disciplinare del tipo societario, che venga nel concreto adottato dall’autonomia dei consorziati.

Nell’evoluzione rappresentata dal presente, tale prospettiva sembra trovare il proprio punto di equilibrio nell’ammettere l’eventualità, in linea di principio, che «l’inserimento di una causa consortile possa comportare una deroga implicita ad alcune disposizioni altrimenti applicabili a quel particolare tipo di società, quando l’applicazione di quelle disposizioni si rivelasse incompatibile con aspetti essenziali del fenomeno consortile»: ma questo unicamente nel rispetto del limite invalicabile costituito dal mantenimento e conservazione dei «connotati fondamentali del tipo societario prescelto», che non potrebbero mai venire «stravolti sino al punto da renderlo non riconoscibile rispetto al corrispondente modello legale» (così, nei tempi più recenti, Cass., 23 marzo 2017, n. 7473, che riprende la linea già tracciata, tra le altre pronunce, da Cass., 27 novembre 2003, n. 18113; Cass., 4 gennaio 2005, n. 122; Cass., 17 giugno 2011, n. 13293).

13.- La fattispecie, qui concretamente in esame, si ferma – ivi pure esaurendosi – sul tema dell’introduzione durante societate di una clausola che pone a carico dei consorziati (in proporzione delle quote rispettivamente possedute) l’obbligo di nuovi conferimenti per il caso si verifichino delle perdite di esercizio.

Rispetto a questa fattispecie tipo, tutt’altro che priva di diffusione a livello operativo, non constano specifici precedenti di questa Corte (tale non potendo essere considerata la pronuncia di Cass., n. 122/2005, che riguarda il problema dell’effettivo rispetto, da parte di una delibera assembleare, di una clausola di «ribaltamento perdite» sicuramente già sussistente nello statuto della società).

Per tale specifica fattispecie tipo (di introduzione ex novo, nel corso di svolgimento del contratto sociale, di una clausola di ribaltamento perdite sui soci), non sembra comunque delinearsi una possibile divergenza tra regole consortili e regole dei diversi tipi societari, che talora viene a segnare – lo si è appena notato – il fenomeno delle società consortili. Le due serie di regole appaiono piuttosto convergere, in effetti, verso un’unica direzione sostanziale.

La normativa codicistica sui consorzi in generale è univoca, invero, nell’indicare che tutte le modifiche del contratto costitutivo debbono riportare il consenso di ciascun consorziato, secondo quanto indica, in particolare, la norma del comma 2 dell’art. 2607; il fatto che tale disposizione consenta all’autonomia statutaria di disporre una diversa e maggioritaria regola, da introdurre comunque all’unanimità, segnala la misura della differenza che intercorre tra le due ipotesi anche in punto di affidamento dei singoli partecipanti. E all’interno di questa prospettiva non può non essere apprezzata pure la disposizione del comma 2 dell’art. 2615 ter (in caso di società consortile, «l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di versare contributi in danaro»): l’espressione «atto costitutivo» venendo per l’appunto a identificarsi, qui, nel necessario consenso di ciascun socio consorziato.

E’ principio generale delle c.d. società di capitali, d’altra parte, che i soci non possono venire obbligati a eseguire nuovi e ulteriori conferimenti. Da quest’angolo visuale, la disposizione dell’art. 2345, comma 2, cod. civ. («se non è diversamente disposto dall’atto costitutivo, gli obblighi previsti da questo articolo non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci») rappresenta, per la verità, solo un caso di applicazione di questo principio (anche qui l’apposizione nell’atto costitutivo di una diversa e maggioritaria regola dando vita a una figura di società che si manifesta fortemente differenziata da quella di base assunta dal codice).

14.- Il quinto motivo assume che la sentenza impugnata «non si è pronunciata in ordine alla questione relativa alla validità del bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2004». Lo stesso pure rileva che, «al tempo della redazione della predisposizione del progetto di bilancio», l’art. 35 (nel testo introdotto dalla delibera dell’assemblea straordinaria di pochi mesi prima) era «norma vigente, regolarmente omologata ed iscritta nel registro delle imprese e, come tale, doveva essere applicata dagli amministratori e da tutti gli organi sociali, ivi compresa l’assemblea e il Collegio sindacale».

15.- Il motivo non può essere accolto. La Corte ha in modo espresso valutato come «assorbito» il motivo di appello presentato per i vizi propri della delibera di approvazione del bilancio. In effetti, tale delibera è affetta da vizio di nullità derivata, traendo il titolo del compiuto «ribaltamento perdite» nella delibera di introduzione a maggioranza della relativa clausola, che si è visto essere nulla. D’altro canto, il comportamento che era corretto tenessero gli amministratori e i sindaci del consorzio, su cui insiste in modo particolare il motivo in esame, non ha nulla a che vedere con l’oggetto della controversia qui in esame.

16.- In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di € 5.200,00.

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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