Finanziario, Nullità di contratto di intermediazione finanziaria, regolamento di competenza, causa negoziale, giudice ordinario, Corte di Cassazione, VI Sez. civ., Ord. n. 1826 del 24/01/2018

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Finanziario, Nullità di contratto di intermediazione finanziaria, regolamento di competenza, causa negoziale, giudice ordinario, Corte di Cassazione, VI Sez. civ., Ord. n. 1826 del 24/01/2018

Linee essenziali delle argomentazioni della Suprema Corte di Cassazione

Enunciato il seguente principio di diritto: «Esula dalla competenza del tribunale specializzato in materia d’impresa la controversia relativa all’acquisto di azioni del capitale della stessa banca nell’ambito di un contratto di investimento finanziario, nella quale l’attore lamenti, ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, la violazione delle disposizioni che regolano la prestazione dei servizi di investimento ed il mancato rispetto da parte della banca delle norme legali di comportamento poste in capo agli intermediari finanziari».

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28543-2016 R.G. proposto da: ….;

– ricorrenti-

…. BANCA SPA,…;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TREVISO, depositata il 03/11/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere….;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,…., che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale di Treviso.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Treviso con ordinanza del 3 novembre 2016 ha dichiarato l’incompetenza del giudice adito in favore del Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia d’impresa, con riguardo a controversia vertente sull’azione di nullità di contratto di intermediazione finanziaria e degli ordini di acquisto di azioni…., con condanna alla restituzione della somma investita ed accessori, e sull’azione subordinata di accertamento della violazione degli obblighi di cui al d.lgs. n. 58 del 1998 e condanna della banca al risarcimento del danno pari all’investimento non andato a buon fine.

Contro l’ordinanza propongono regolamento di competenza gli investitori, lamentando la violazione dell’art. 3 d.lgs. n. 168 del 2003.

Resiste con controricorso l’intimata, che deposita pure la memoria il ricorrente.

Il P.G., nelle proprie conclusioni, ha chiesto dichiararsi la competenza del Tribunale di Treviso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. — Non va disposta l’interruzione del giudizio invocata dalla controricorrente, per il principio secondo cui nel giudizio di cassazione non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo (e multis, Cass. 29 gennaio 2016, n. 1757; 3 dicembre 2015, n. 24635; 31 ottobre 2011, n. 22624; sez. un. 21 giugno 2007, n. 14385; v. pure, da ultimo, Cass. 15 novembre 2017, n. 27143 e 23 marzo 2017, n. 7477); nella specie, inoltre, l’evento segnalato è intervenuto nel corso del giudizio di legittimità a contraddittorio già instaurato.

2. — A sostegno del regolamento, i ricorrenti affermano che le operazioni in questione furono consigliate dal funzionario della filiale di Pordenone della banca il 24 maggio e il 7 giugno 2012, quando la loro dante causa (di anni 89) acquistò 1.100 azioni di…. s.p.a. al prezzo di €….., e che essi, unici eredi, agirono per la violazione degli artt. 21 e 23 d.lgs. n. 58 del 1998, per la mancanza di un contratto scritto e per l’inadempimento a tutti gli obblighi informativi.

Sostengono, dunque, i ricorrenti che l’oggetto della causa non attiene a controversia societaria, onde la competenza non spetta al cd. tribunale delle imprese, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168.

3. — Il ricorso è fondato. Va premesso che la determinazione della competenza si opera in forza del contenuto della domanda giudiziale, secondo quanto stabilisce l’art. 10 c.p.c., che esprime una regola di portata generale (fra le altre, Cass., ord. 9 novembre 2016, n. 22816; ord. 22 ottobre 2015, n. 21547; ord. 18 aprile 2014, n. 9028; 18 febbraio 2014, n. 3845; 23 maggio 2012, n. 8189; 17 maggio 2007 n. 11415).

Si è anche chiarito (Cass., ord. 29 agosto 2017, n. 20508) che, qualora uno stesso fatto possa essere qualificato in relazione a diversi titoli giuridici, spetta alla scelta discrezionale della parte attrice la individuazione dell’azione da esperire in giudizio, essendo consentito al giudice di riqualificare la domanda stessa soltanto nel caso in cui questa presenti elementi di ambiguità non altrimenti risolvibili.

Orbene, il Tribunale di Treviso ha affermato che, pur nell’ambito di un acquisto a fini di investimento finanziario, vi fu costituzione di rapporto sociale, onde ciò basta ad integrare i presupposti per la competenza del giudice specializzato dell’impresa.

Tuttavia, sebbene alla disposizione dell’art. 3 cit. sia stata data da questa Corte interpretazione ampia — atteso l’intento del legislatore di specializzazione dei giudicanti evidenziato anche dalla restrizione del numero dei tribunali competenti, onde sono attribuite alle sezioni specializzate d’impresa le controversie relative ai “rapporti societari” con menzione esemplificativa, e le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali “o ad ogni altro negoio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti” (cfr. Cass., ord. 21 febbraio 2017, n. 4523; ord. 16 ottobre 2014, n. 21910) — le controversie di natura bancaria relative ai contratti di investimento sono state da questa Corte già escluse dall’ambito di applicazione della norma (Cass., ord. 4 aprile 2017, n. 8738).

In tale decisione si è affermato, ed ora si intende ribadire, che la controversia afferente il rapporto di investimento finanziario, anche quando avente ad oggetto azioni, esula dalla competenza del tribunale specializzato in materia d’impresa.

Secondo la lettera e la ratio della disposizione in esame, invero, il legislatore ha inteso concentrare presso il giudice specializzato — per quanto qui rileva — le controversie relative alle società ed alle loro vicende, a favore della certezza del diritto e contro il pericolo di moltiplicazione di liti inutili, che potrebbe verificarsi ove si operassero continui distinguo.

Ma anche tale lettura estensiva deve rispettare, poi, i limiti di quella lettera e di quella ratio, concorrenti nell’indicare la corretta interpretazione: le quali, per quanto ora rileva, si concretano, da un lato, nell’esistenza di una controversia relativa a rapporti societari ed a partecipazioni sociali; e, dall’altro lato, nel rilievo di situazioni rilevanti sulla vita sociale, sia pure in senso ampio, con riguardo quindi non solo alle vicende di governo interno, ma anche alla persona del singolo socio, nei suoi rapporti (sia pure “non più” o “non ancora” in corso) con la società, con gli organi societari o con gli altri soci.

Quando, invece, nessuna questione la controversia coinvolga, che sia neppure indirettamente relativa al diritto societario — come per la materia degli investimenti finanziari — l’interpretazione razionale della disposizione induce ad attribuire la controversia al giudice ordinario.

Ove, cioè, l’acquisto delle azioni abbia in modo non equivoco, come nella specie, la natura di un investimento finanziario concluso tra l’investitore/risparmiatore e l’istituto bancario, e l’attore prospetti la violazione degli obblighi dell’intermediario poste dalle norme sui contratti di investimento richiedendo la relativa tutela, la causa negoziale in tal modo emergente dal regolamento contrattuale e le ragioni della domanda escludono l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 3 cit.

È pur noto come la partecipazione azionaria si presti, a seconda dei casi, a costituire lo strumento per esprimere le diverse possibili motivazioni dell’investimento azionario, ora volto ad una funzione propulsiva nell’impresa ed ora, invece, ad un ruolo essenzialmente finanziario del socio, la cui partecipazione in società resta un mero investimento, con sostanziale indifferenza alla dialettica assembleare, organo che diventa la sede delle istanze dei creditori-investitori rispetto alla maggioranza che la governa.

Ebbene: in entrambi i casi, le controversie che avessero ad oggetto la partecipazione azionaria rientrano nel novero di quelle devolute al tribunale dell’impresa.

Ne restano, invece, estranee le controversie in cui si prospetti che l’acquisto azionario sia avvenuto nell’ambito delle operazioni relative ai servizi ed alle attività di investimento, il cui esercizio professionale nei confronti del pubblico è riservato ai soggetti previsti dall’art. 18 d.lgs. n. 58 del 1998 e delle quali si chieda di accertare il mancato rispetto delle norme legali di comportamento poste in capo agli intermediari finanziari: dunque, non il rilievo della possibile motivazione in sé dell’investimento azionario determina la competenza del giudice sulla controversia, ma la causa negoziale, oggettivata nel negozio e prospettata nell’atto di citazione introduttivo, in una con le domande proposte.

In caso contrario, si finirebbe per contraddire la stessa esigenza di specializzazione del tribunale delle imprese: il quale, con la chiara scelta del legislatore del 2012, che operò in un verso opposto a quello percorso dalla riforma del rito societario col d.lgs. n. 5 del 2003, non ha più visto incluse nella sua competenza le controversie «relative a: …

d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa» (così l’art. 1, comma 1, lett. d, d.lgs. n. 5 del 2003).

Anzi, la necessità, all’epoca della riforma societaria, di prevedere una norma ad hoc al riguardo vale come ulteriore criterio interpretativo di ordine sistematico, ai sensi dell’art. 12 delle preleggi, nel senso di quella esclusione: in una situazione in cui, si aggiunga, l’enunciato dell’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 5 del 2003 è (salvo aggiustamenti grammaticali per niente rilevanti nel discorso de quo) identico a quello dell’attuale art. 3, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 168 del 2003.

Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «Esula dalla competenza del tribunale specializzato in materia d’impresa la controversia relativa all’acquisto di azioni del capitale della stessa banca nell’ambito di un contratto di investimento finanziario, nella quale l’attore lamenti, ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, la violazione delle disposizioni che regolano la prestazione dei servizi di investimento ed il mancato rispetto da parte della banca delle norme legali di comportamento poste in capo agli intermediari finanziari».

Non essendo conforme al principio enunciato la dichiarazione di incompetenza operata dall’ordinanza impugnata, il ricorso va accolto, con la declaratoria di competenza del Tribunale di Treviso, cui si rimettono gli atti per il prosieguo e si demanda, altresì, la liquidazione delle spese del presente procedimento.

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Treviso, innanzi al quale rimette le parti e cui demanda la liquidazione delle spese del regolamento.

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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