Diritto penale, Motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito, Una sola entità logico-giuridica, Congruità della motivazione, Amministratore di fatto e Amministratore di diritto della società, Responsabilità a titolo di concorso, Elemento soggettivo, sufficienza dolo eventuale, Corte di Cassazione, III Sez. pen., sent. n. 1590 del 16/01/2018

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Diritto penale, Motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito, Una sola entità logico-giuridica, Congruità della motivazione, Amministratore di fatto e Amministratore di diritto della società, Responsabilità a titolo di concorso, Elemento soggettivo, sufficienza dolo eventuale, Corte di Cassazione, III Sez. pen., sent. n. 1590 del 16/01/2018

Linee essenziali delle argomentazioni della Suprema Corte di Cassazione

Ricorso avverso la sentenza del 26/09/2016 della Corte di Appello di Brescia

RITENUTO IN FATTO

4. L’imputato’ ha proposto due motivi di ricorso.

4.1. Col primo motivo ha dedotto l’omessa valutazione delle doglianze difensive, sì che il provvedimento recava una mera apparenza di motivazione, basata sulla sola constatazione che l’imputato fosse il legale rappresentante della società.

In particolare, l’istruttoria dibattimentale aveva confermato l’insussistenza della prova della consapevolezza in capo all’imputato, mentre le attenuanti generiche erano state negate unicamente sulla base dei precedenti penali a carico del medesimo ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6.1. Osserva preliminarmente la Corte che l’esame dei motivi di ricorso può essere effettuato prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e ciò in quanto i giudici di merito hanno adottato, quanto al profilo della responsabilità dell’imputato, decisioni e percorsi motivazionali comuni che possono essere valutati congiuntamente, ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente.

E’ infatti appena il caso di ricordare che qualora il giudice d’appello abbia accertato e valutato, come in specie, il materiale probatorio con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado, le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d’appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250).

Invero, allorché le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Rv. 216906).

6.2. In relazione all’impugnazione proposta dal ….., il provvedimento impugnato ha dato espressamente conto, ed al riguardo non vi è censura di sorta, che in sede di appello la difesa dell’odierno ricorrente ha richiesto l’assoluzione assumendo che gli emolumenti percepiti dalla s.r.l. …..erano del tutto virtuali e non effettivi, e che la stessa operava come …. emettendo fatture per operazioni….., al fine di giustificare contabilmente gli acquisti di merce …. effettuati da altra società, la s.r.l ….. corrente in…….

In ragione di ciò, il …. stesso aveva assunto il ruolo di mera testa di legno, laddove l’amministrazione di fatto delle due società era riconducibile ad altro soggetto, che aveva materialmente conseguito i proventi dell’attività illecita.

Ciò premesso, del tutto correttamente la Corte territoriale ha osservato che tutto ciò non esimeva dagli obblighi fiscali, legati alla presentazione delle dichiarazioni annuali ed al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto.

Tanto più che il Tribunale di Bergamo aveva osservato che le condotte omissive erano preordinate all’evasione fiscale, in quanto l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali era stata accompagnata dal mancato versamento dell’Iva proprio in relazione ad operazioni ……, e che in ogni caso per l’imputato, amministratore di diritto ma comunque operativo nella gestione della società, era sufficiente la ricorrenza del dolo eventuale.

A tal proposito, è stato osservato che del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento (artt. 40, comma secondo, cod. pen. e 2392 cod. civ.), a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Rv. 264971), ossia che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione fiscale di terzi (Sez. 3, n. 15900 del 02/03/2016, Rv. 266757).

In specie, il ricorrente, cui il Tribunale orobico ha comunque riconosciuto altresì una non contestata forma di partecipazione attiva alla vita societaria, è risultato pienamente coinvolto nella gestione sociale invero operando sui relativi conti bancari, così palesando la sua piena ed esperta consapevolezza dei meccanismi e dell’operatività illecita della società (in proposito il ricorso non spende parola, laddove comunque anche nel provvedimento direttamente impugnato è stata infatti annotata l’esistenza di numerose condanne per fatti di analoga natura).

Tra l’altro lo stesso Giudice lombardo ha appunto evocato la sufficienza del dolo eventuale, ed infatti nelle occasioni in cui questa Corte si è occupata di reati, anche omissivi, commessi in nome e per conto della società, ha individuato nell’amministratore di fatto il soggetto attivo del reato e nel prestanome il concorrente per non avere impedito l’evento che in base alla norma citata aveva il dovere di impedire.

Proprio perché il più delle volte il prestanome non ha alcun potere d’ingerenza nella gestione della società per addebitargli il concorso, questa Corte ha fatto ricorso alla figura del dolo eventuale; si è sostenuto cioè che il prestanome accettando la carica ha anche accettato i rischi connessi a tale carica (così cfr. in motivazione Sez. 3, n. 38780 cit., con richiami ad es. a Sez. 5, n. 7208 del 26/01/2006, …. ed altro, Rv. 233637; da ult. ad es. Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Rv. 262767).

6.3. In relazione poi alla mancata concessione delle attenuanti generiche, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto – come in specie – in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826).

Alla stregua di ciò, perde all’evidenza consistenza ogni ragione di censura proposta dal ricorrente, che ha invece sostenuto che la Corte territoriale avrebbe dovuto giustificare le ragioni del diniego. Ma in proposito la Corte di Appello aveva invece motivato in modo del tutto sufficiente e coerente con l’insegnamento richiamato.

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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