Concorrenza sleale, accertamento della concorrenza sleale, uso dei segni distintivi, imitazione servile, storno dei dipendenti, Cassazione civile (ord.), sez. I, 15/11/2017, n. 27144

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Concorrenza sleale, accertamento della concorrenza sleale, uso dei segni distintivi, imitazione servile, storno dei dipendenti, Cassazione civile (ord.), sez. I, 15/11/2017, n. 27144

Linee essenziali delle argomentazioni della Suprema Corte di Cassazione

In tema di criterio di indagine sulla sussistenza della concorrenza sleale questa Corte, in una sentenza non recente ma mai smentita, ha affermato che il giudizio sulla sussistenza della concorrenza sleale non deve essere analitico e limitato ad ogni singolo atto, ma deve estendersi, in una visione unitaria e d’insieme, al comportamento complessivo dell’agente e alle ripercussioni dannose che si sono verificate o che si possono verificare nella sfera industriale e commerciale altrui (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2130 del 29/07/1963).

Può dunque certamente convenirsi con la ricorrente sulla circostanza che il corretto criterio di indagine sia quello della valutazione complessiva degli episodi di concorrenza sleale denunciati, seppur aventi una loro autonomia nella disciplina dei tre numeri dell’art. 2598 cod. civ.

Sennonché tale criterio ermeneutico opera qualora il giudice ravvisi la sussistenza di elementi di slealtà negli episodi di concorrenza denunciati, di talché l’affermazione di responsabilità debba essere dedotta dalla sommatoria di elementi accertati nella loro oggettività giuridica e che, complessivamente esaminati, raggiungano la soglia dell’illecito prevista dall’art. 2598 cod. civ.

Relativamente all’uso dei segni distintivi, la Corte ha argomentato che la sentenza ha affermato che la circostanza che la convenuta abbia assunto la denominazione sociale ….. era priva di attualità, atteso che già prima di tale evento la ….. aveva mutato la sua denominazione sociale in ……, con ciò escludendo che vi fosse alcun profilo di confondibilità.

Tale argomentazione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 6 del 03/01/1991).

In ordine all’ imitazione servile, la Corte ha argomentato che la sentenza non ha affatto omesso di prendere in considerazione le conclusioni del ctu, come argomentato nella censura in esame, ma al contrario ha affermato che dalle conclusioni del predetto perito e dalle testimonianze assunte emergeva che i prodotti della società ricorrente non erano protetti da alcun brevetto e utilizzavano una tecnologia conosciuta da un decennio (cfr. pag. 17-18 sent.), tanto da essere patrimonio tecnologico anche di altre società concorrenti (ivi nominativamente citate). Tale ratio decidendi non è contrastata nella censura in esame, che argomenta la sussistenza in atti di prova della totale sovrapponibilità dei prodotti e da tale circostanza deduce l’imitazione servile, allorquando invece l’argomento utilizzato in sentenza per escludere la rilevanza della confondibilità è proprio la volgarizzazione del processo produttivo del prodotto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1226 del 01/04/1977).

Né è fondata la denunciata totale omissione da parte della sentenza impugnata della vicenda …., che al contrario è stata oggetto di esame e giudicata irrilevante ai fini della dimostrazione dell’assunto attoreo (cfr. pag. 10-11 sent.)

Per quanto attiene allo storno dei dipendenti, la Corte ha argomentato che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto lamenta la censura sul punto, non ha affatto lacunosamente e contraddittoriamente motivato l’esclusione dello storno di dipendenti dalla società attrice alla convenuta.

Al contrario ha escluso che il passaggio dei dipendenti dalla attrice alla convenuta sia avvenuto per iniziativa della odierna controricorrente, affermando che dal testimoniale emergesse la spontaneità del trasferimento da parte dei lavoratori a condizioni di mercato.

Tale valutazione, riservata al giudice del merito quanto all’esame delle risultanze istruttorie, appare conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha escluso che nella valutazione dell’animus nocendi abbia qualche rilevanza l’attività di convincimento posta in essere dal presunto stornante per indurre il personale dell’impresa concorrente al trasferimento (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20228 del 04/09/2013).

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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