Diritto Societario, Azioni a voto potenziato, Azionisti stabili
Diritto europeo si muove verso il voto plurimo
Gli “azionisti stabili”: voto plurimo e voto maggiorato
Il tema delle azioni a voto potenziato è in continua evoluzione in Europa tra gli ordinamenti in competizione.
La duplice struttura introdotta in Italia nel 2014 per le spa quotate e non quotate si conferma con la “Legge Capitali” del 2024, che accresce il numero di voti conseguibili con una sola azione o con il suo possesso prolungato.
Ma rimangono invariati molti problemi già sorti ed altri se ne aggiungono: qui si presentano alcune ipotesi di miglioramento normativo che tengono conto degli studi più recenti e delle proposte presenti nel Listing Act Package.
Passim
Le novità giunte con la legge 5 marzo 2024, n. 21
In che modo opera la legge n. 21/2024 per favorire la crescita intervenendo sul voto multiplo? In questa sede mi limito a considerare le sole novità principali, non essendovi qui spazio per una analisi dettagliata della disciplina risultante dalle modifiche intervenute.
A) La prima novità consiste nella modifica dell’art. 2351, comma 4, c.c. per aumentare la soglia massima del voto plurimo da tre a dieci voti: con ciò ci si uniforma alla prassi incoraggiata dai principali ordinamenti in competizione; e null’altro si aggiunge.
Di conseguenza diminuisce la soglia potenzialmente necessaria per acquisire il controllo di diritto della società attraverso le azioni a voto plurimo: da poco più del 25% a poco più del 9% del capitale sociale. E ciò sul presupposto che tutte le altre azioni abbiano il voto nelle delibere rilevanti per il controllo.
Ma nessuna disposizione impediva prima e impedisce ora di porre sul tavolo da gioco contemporaneamente le azioni a voto plurimo e quelle senza voto per le delibere rilevanti in ordine al controllo.
Sicché, se – rispettando il limite di legge – metà delle azioni emesse non dessero diritto al voto per tali delibere, sarebbero sufficienti a dare il controllo di diritto azioni a voto plurimo nel massimo consentito in misura pari al 4,6% circa del capitale sociale.
Che il binomio potere/rischio – e con esso ogni principio di proporzionalità non limitato a regola di default – nel diritto societario fosse da tempo spezzato, è cosa nota.
Se nelle s.r.l. il contenuto del diritto particolare che dà controllo non è minimamente correlato all’ammontare dell’investimento (del titolare del diritto rispetto a quello degli altri soci), non sorprende che ciò avvenga anche nelle s.p.a. chiuse, sempre più ravvicinate alle prime specie nell’ampio mondo delle PMI.
Si tratta, però, di decidere se questo disinteresse sia giustificato anche quando la s.p.a. si apra con la quotazione su mercati prima di crescita e poi regolamentati, specie se non si impongono limiti legali all’utilizzo dello strumento: assenza di limiti che attualmente permane anche per le s.p.a. che si quotano su mercati regolamentati mantenendo il voto plurimo connesso ad azioni già emesse; sul punto è rimasta infatti invariata la disposizione che già lo consentiva.
Le prospettive future e il compito del legislatore
È lecito ed opportuno interrogarsi su quali ulteriori sviluppi potrebbe avere il quadro normativo, tenuto conto sia delle spinte alla regolamentazione provenienti dalla ormai prossima produzione normativa unionale sia della delega, inclusa nell’art. 19, legge n. 21/2024, per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali contenute nel t.u.f. e di quelle in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche alle società emittenti.
Come si è avuto modo di ricordare, il diritto europeo, nella già citata proposta di direttiva, si muove verso il voto plurimo, che è già a disposizione delle nostre PMI che si quotano su mercati di crescita; ma bisognerà conformarsi alle limitazioni richieste, al momento per lo più oggi assenti, infra elencate.
Le limitazioni di obbligatoria previsione comprendono: i) la determinazione di maggioranze rafforzate nell’assemblea generale che delibera l’introduzione del voto plurimo, con approvazione da parte delle assemblee speciali ove esistano più categorie di azioni; ii) oltre ad un limite massimo di voti attribuibili per azione, l’indicazione della percentuale massima del capitale sociale che le azioni a voto plurimo possono rappresentare: e qui la riflessione dovrebbe portare ad interrogarsi e a decidere una buona volta qual è bene che sia – nelle quotate su mercati regolamentati e di crescita – la quota minima di capitale di rischio che chi controlla di diritto debba avere e mantenere; iii) la definizione di restrizioni (non precisate) in materie in cui l’assemblea dovrebbe deliberare con maggioranze qualificate. Le limitazioni di facoltativa previsione includono: iv) l’estinzione del voto plurimo in caso di trasferimento delle azioni; v) l’estinzione del voto plurimo al decorso di un determinato lasso di tempo o al verificarsi di determinati eventi; vi) la sospensione del voto plurimo in relazione a deliberazioni assembleari su temi di rilevanza ESG (delibere finalizzate a prevenire, ridurre o eliminare “impatti negativi” delle operazioni societarie su diritti umani e ambiente). L’occasione potrebbe, dunque, essere propizia per prevedere il voto plurimo, con opportuni limiti, anche per le società che si quotano o che sono già quotate su mercati regolamentati.
Fonte Rivista di Diritto Societario
Giuseppe A. Rescio