Amministrativo, Contratti della Pubblica amministrazione,Tutela giurisdizionale sull’istanza di revisione prezzi, Cons. St., sez. III, 22 giugno 2018, n. 3827
La domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione prezzi di un contratto di appalto deve essere definita, sul piano processuale, secondo un’indagine di tipo bifasico, volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo; ne consegue che qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni di interesse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta (1).
(1) Ha chiarito la Sezione che l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente.
Di conseguenza, la posizione di quest’ultimo si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’andella pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale (Cons. St., sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; id., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; id. 3 agosto 2012, n. 4444; Cass.civ., SS.UU., 30 ottobre 2014, n. 23067; id. 15 marzo 2011, n. 6016; id. 12 gennaio 2011, n. 511; id. 12 luglio 2010, n. 16285).
Il descritto schema procedimentale comporta altresì che il privato contraente, in relazione all’esercizio di tale potere, potrà avvalersi unicamente dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo, e quindi con strumenti di carattere impugnatorio esperibili nei tradizionali termini decadenziali (Cons. St., sez. III, 18 dicembre 2015, n. 5779; id. 9 gennaio 2017, n. 25).
La consistenza di interesse legittimo della situazione soggettiva tutelata non muta per la previsione di un’ipotesi di giurisdizione esclusiva per le questioni relative “alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo” nonché “ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4”, d.lgs. n. 163 del 2006.
E’ chiaro, infatti, che la cognizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone necessariamente il concorso per determinate materie di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo agli effetti della tutela giurisdizionale, che il legislatore risolve con l’individuazione del giudice competente, senza che ciò incida sui mezzi di tutela, scriminabili a seconda della natura della posizione soggettiva che si assume lesa.
Nel diverso caso in cui il contratto rechi un’apposita clausola che preveda il puntuale obbligo dell’Amministrazione di dar luogo alla revisione dei prezzi: in tale ipotesi, la richiesta sottoposta all’esame del giudice, risolvendosi in una mera pretesa di adempimento contrattuale, non può che intendersi come volta all’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, come tale rimesso alla cognizione del giudice ordinario (Cass.civ., SS.UU., 13 luglio 2015, n. 14559; id. 20 aprile 2017, n. 9965).
Nel caso, al contrario, di denuncia della nullità delle clausole limitative contenute nel bando e nel capitolato speciale, che è strumentale all’esclusione dell’operatività delle previsioni contrattuali, si determina per conseguenza l’accesso ad un’area contrassegnata dall’esercizio di poteri pubblicistici.
D’altra parte, la nullità delle clausole contrattuali che escludono la revisione del canone – se può originare l’eterointegrazione della disciplina di gara con le norme imperative violate, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cc. – non manifesta, invece, alcun riflesso sulla caratterizzazione in termini provvedimentali dell’attività che l’amministrazione compulsata da una istanza di revisione è chiamata a svolgere nella fase di verifica dei relativi presupposti; né può confondersi il piano della invalidità delle determinazioni in tal senso assunte, con quello della insussistenza del potere ad assumerle.
In altri termini, l’amministrazione è pienamente investita, in astratto e in concreto, del potere di verificare i presupposti della revisione, sicché gli atti dalla stessa adottati, in disparte ogni loro eventuale illegittimità, non possono ritenersi offesi da alcun limite di nullità.
La qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi comporta – in ipotesi di condotta inerte dell’amministrazione compulsata – la necessità di avvalersi dei rimedi previsti a tutela dell’interesse legittimo nella forma del silenzio – rifiuto conseguente ad istanza formale (Cons. St., sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465).
Tale conclusione è figlia della considerazione che il diritto soggettivo alla revisione dei prezzi non discende direttamente dalla legge, ma deve trovare riconoscimento in un procedimento amministrativo, come del resto palesato dalla circostanza che l’art. 115 del Codice dei contratti innanzi richiamato rinvia ad un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi e, pertanto, ad un’attività procedimentalizzata, avviabile ad impulso della parte.
Fonte Giustizia Amministrativa