Diritto Societario, Bancario, Fusione tra Società, Rimesse in conto corrente, Pegno di saldo di conto corrente bancario, Corte di Cassazione, I Sez. civ., Ordinanza n. 5481 del 07/03/2018

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Diritto Societario, Bancario, Fusione tra Società, Rimesse in conto corrente, Pegno di saldo di conto corrente bancario, Corte di Cassazione, I Sez. civ., Ordinanza n. 5481 del 07/03/2018

Rimesse in conto corrente, Fusione tra Società, Pegno irregolare o Pegno regolare.

In tema di fusione,

come affermato tra le ultime nella pronuncia 1376/2016, richiamandosi la pronuncia delle Sez.U. 19698/2010, in tema di fusione, l’art. 2504 bis c.c., introdotto dalla riforma del diritto societario (d.lgs. n. 6 del 2003), ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo- modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori all’entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004), le quali, pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano, tuttavia, dalla successione “mortis causa” perché la modificazione dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, sicché quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, né alcun pregiudizio subisce la incorporante (o la società risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione.

Pegno di saldo di conto corrente bancario

La non revocabilità delle somme conseguenti all’escussione del pegno costituito sui libretti di deposito accesi dal debitore presso la medesima banca può affermarsi solo nel caso del pegno irregolare, caratterizzato dal conferimento espresso al creditore di disporre della relativa somma.

Ed infatti, come affermato tra le ultime nella pronuncia dell’8/8/2016 n.16618 il pegno di saldo di conto corrente bancario costituito a favore della banca depositaria si configura come pegno irregolare solo quando sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma mentre, nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, ragion per cui la banca garantita non acquisisce la somma portata dal saldo, né ha l’obbligo di restituire al debitore il”tantundem”, sicché, difettando i presupposti per la compensazione dell’esposizione passiva del cliente con una corrispondente obbligazione pecuniaria della banca, l’incameramento della somma conseguente all’escussione del pegno rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 67 legge fall. ed è assoggettabile a revocatoria fallimentare.

Ed analogamente si è espressa la precedente pronuncia del 12/9/2011, n. 18597, che ha affermato che nel caso in cui il cliente della banca, a garanzia del proprio adempimento, vincoli un titolo di credito o un documento di legittimazione individuati, anche al portatore, e non conferisca alla banca il potere di disporre del relativo diritto, si esula dall’ipotesi del pegno irregolare e si rientra nella disciplina del pegno regolare (artt. 1997 e 2787 cod. civ.), in base alla quale la banca non acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento, con l’obbligo di riversare il relativo ammontare, ma è tenuta a restituire il titolo e il documento: in tale ipotesi, il creditore assistito da pegno regolare è tenuto a insinuarsi nel passivo fallimentare, ai sensi dell’art. 53 legge fall., per il soddisfacimento del proprio credito, dovendosi escludere la compensazione, che opera invece nel pegno irregolare come modalità tipica di esercizio della prelazione; pertanto, nell’ipotesi di soddisfacimento della banca mediante incameramento della somma portata dal libretto offerto in pegno regolare, sussistono i presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare ex art. 67 legge fall.

Ora, la Banca ricorrente ha dedotto nel ricorso che nel caso si trattava di pegno irregolare, stante il disposto di cui all’art.8 dell’atto di pegno, ma non ha indicato quando e con quale atto avesse fatto valere detta previsione contrattuale al fine di provare la sussistenza del pegno irregolare, né dalla sentenza risulta che la parte avesse dedotto la natura irregolare della garanzia reale e versata nel giudizio la previsione contrattuale di cui si vorrebbe avvalere del tutto tardivamente e quindi inammissibilmente nel presente giudizio di legittimità.

Fonte Suprema Corte di Cassazione

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